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“Paternal Leave” e il riflesso imperfetto tra padre e figlia
Paternal Leave, film d’esordio scritto e diretto da Alissa Jung, parte dell’archetipico rapporto conflittuale tra padre e figlia e si sviluppa attraverso un continuo gioco di specchi. Il primo e l’ultimo sguardo che abbiamo su Leo è la sua immagine riflessa nel vetro di una finestra – prima mentre decide di partire per cercare il genitore, poi sul treno di ritorno, dopo i giorni passati con lui. Questa impostazione a cornice è funzionale non solo a inquadrare il viaggio dell’adolescente ma anche a fornire una chiave di lettura del rapporto tra i due.
“A Real Pain” speciale I – La persistenza del dolore
Il tempo della storia coincide con la durata di questo viaggio. A Real Pain non si limita ad esplorare l’eredità dell’Olocausto per gli immigrati di terza e quarta generazione – riflessione autobiografica nella misura in cui anche Eisenberg, sceneggiatore e regista del film, è cresciuto a New York e ha origini ebraiche –, bensì si propone di esplorare la profondità e le dimensioni del dolore menzionato nel titolo.
“Diva Futura” e la favola di un porno che non esiste più
Il film circumnaviga gran parte delle domande che potrebbero sorgere, preferendo concentrarsi sul racconto di una favola tutto sommato scanzonata e dolceamara di un uomo che sognava troppo in grande per il Paese in cui viveva. Ripensando a Supersex (la serie su Rocco Siffredi uscita su Netflix) viene da chiedersi se il 2024 sia l’anno in cui l’Italia cerca di fare pubblicamente pace con il porno
“Megalopolis” e l’utopia egualitaria
Il film, però, impone anche e soprattutto una riflessione sulle somiglianze tra passato e presente – vale a dire, tra la corruzione dilagante nelle ultime fasi della Repubblica romana e l’America di oggi, già in mano a pochi che decidono per tutti. La Storia racconta che Catilina perse e fu ucciso, mentre Cicerone sopravvisse. Ma se è il vincitore a raccontare la storia, obietta, come possiamo sapere che ciò che Catilina aveva in mente per la nuova società non fosse un riassetto di coloro che detenevano il potere?
Simbolismo queer nell’ombra di Lynch tra “Queer” e “Ho visto la TV brillare”
Queer e Ho visto la TV brillare sono quindi due film per certi aspetti comparabili, nonostante le differenze di storia, tono e sguardo autoriale: entrambi raccontano identità Lgbtq+ e, nel farlo, impiegano una modalità narrativa talvolta ermetica e straniante. Guadagnino lascia più zone d’ombra nell’interpretazione dei sogni e delle allucinazioni di Lee; Schoenbrun, invece, apre allo spettatore squarci perturbanti nella quotidianità dei suoi protagonisti.
Fotografare e sparare tra Don De Lillo e Alex Garland
Lo scatto e lo sparo, in Civil War, sono risposte equivalenti a una stessa situazione. Le strisce di pellicola di Jessie mostrano corpi distesi, uomini accovacciati e sanguinanti in inquadrature esteticamente bellissime, ma che non significano quasi più niente. Cosa dovremmo fare di quei corpi? E, come già a Don DeLillo, viene da chiedersi: dovremmo forse congratularci con loro per aver preso parte alla soddisfazione fotografica? Civil War si limita a scattare una foto al futuro, ma non dà altre risposte.
“Orlando” biografia politica per sopravvivere alla violenza
Quando sei dissidente, ci ricorda Preciado in Orlando, la tua esistenza è una lotta; il tuo corpo, il terreno su cui si svolge la battaglia; la tua storia, la storia di tuttə lə dissidenti come te. Portare avanti un racconto collettivo, quindi, è un dovere: perché è necessario sopravvivere alla violenza per raccontare la propria storia, ma anche perché è necessario raccontare la propria storia per sopravvivere alla violenza.
“Dune – Parte 2” Speciale III – Sulla resistenza e il potere
Se infatti la figura del white messiah rappresenta quasi una forma di controllo esercitata dalla classe dominante sulla rivolta a un sistema che lei stessa ha creato, inglobandola e rendendola innocua, Paul usa invece la sua provenienza privilegiata per scatenare la rabbia degli oppressi, liberarli, scardinare il sistema di potere in cui è nato e instaurare il proprio. In Dune, insomma, il white messiah smette di essere un vuoto archetipo post-coloniale e diventa un’altra incarnazione del potere dominante, che però rifiuta di farsi inglobare.
Ripartire (ancora) dal desiderio – Speciale “Povere creature!”
Il motore primo di Frankenstein è il fallimento genitoriale: dopo nove mesi passati a creare il mostro e a dargli vita, il dottore rifiuta il suo ruolo di genitore e la possibilità di provare empatia verso il neo-nato, scappando dalla sua stessa creazione. Povere creature! è profondamente debitore al romanzo di Shelley. La vicenda parte dalla premessa opposta e si chiede: cosa sarebbe accaduto se il genitore del mostro si fosse assunto la responsabilità di ciò che ha creato? E cosa accadrebbe se la creatura fosse una donna?
La catabasi suicida della “Chimera”
È difficile capire dove, in Arthur, finisca la combattuta fascinazione per i corredi funerari che dissacra e dove inizi il sospetto che, se profana abbastanza tombe, prima o poi troverà quella che cerca. È l’ambivalenza dell’Appeso, la carta dei tarocchi richiamata dalla locandina del film: “Una carta di “gioiosa resa” – ha scritto Francesca Matteoni – oppure “di blocco e sacrificio doloroso”. E l’Appeso è “esplicitamente un condannato, uno sciamano, un esule, un criminale, qualcuno che ha il coraggio paradossale di arrendersi”.
Wes Anderson, Roald Dahl e lo squarcio del perturbante
In tutti e quattro i cortometraggi Anderson mette in scena l’irruzione di qualcosa che spazia dal peculiare al sinistro in un contesto familiare ai suoi personaggi, e che anche per un solo momento turba il quotidiano incedere delle loro vite. La minaccia di un evento che potrebbe essere bellissimo o terribile – il dono di poter vedere senza guardare, la facoltà di spiccare il volo, una scommessa impensabile e la possibilità di salvarsi da un morso mortale – incombe sui personaggi tanto quanto incombe su chi li guarda, mettendoli sullo stesso piano.