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Il racconto dell’Italia borghese. Il centenario di Mauro Bolognini

Raffinato, censurato, talvolta manieristico, tecnicamente perfetto per la capacità di filmare senza sbavature, di dare pienezza e spessore compositivo alle immagini, Mauro Bolognini ha saputo raccogliere le eredità culturali dell’Italia postbellica, ritraendo con sapienza e senso critico la decadenza del mondo borghese fatto di uomini disorientati e soli, figli di una crisi che affonda le proprie radici nel racconto letterario dei grandi scrittori. Ha messo in scena la natura delle debolezze umane senza la perentorietà del giudizio, cercando, con sguardo da esteta, di disegnarne i contorni. Il suo cinema ha corso tra la strada e una casa chiusa, popolare, borghese, aristocratica.

L’avventurosa storia di come Bolognini produsse Pasolini rifiutato da Fellini

Dalla formidabile cornucopia di L’avventurosa storia del cinema italiano, emerge al ricostruzione a tre voci (Fellini, Pasolini, Bolognini) della vicenda produttiva di Accattone – e di come abbiamo rischiato di non veder realizzato il capolavoro del 1961. “Conoscevo il copione di Accattone ma non avevo mai visto, diciamo, il suo copione di regia. Era una cosa incredibile, commovente. Inquadratura per inquadratura, aveva creato un copione illustrato, un lavoro stupendo che era già il film, chiaro, così come sarebbe stato. Rimasi entusiasta, sbigottito che quella roba non fosse piaciuta. Dissi subito che avrei fatto il possibile per dargli una mano” (Mauro Bolognini).

“Il bell’Antonio” al Cinema Ritrovato 2018

Il bell’Antonio, nato dal connubio tra lo sguardo di Bolognini e le penne di Pasolini e Vicentini, dimostra come si possa efficacemente ricontestualizzare un testo letterario senza smarrirne l’identità. Dove il romanzo omonimo di Brancati sfruttava l’impotenza del protagonista per scandagliare il vuoto culturale celato da un intreccio di gallismo e fascismo nella Sicilia del Ventennio, la pellicola di Bolognini, ambientata negli anni Sessanta, solleva obliquamente il problema del rapporto del soggetto con le istituzioni. Il male di Mastroianni, che fa capolino esplicitamente a metà pellicola come il villain di un horror, sarebbe stato forse curato da un matrimonio felice, se solo la famiglia della sposa non avesse fatto uso dell’autorità ecclesiastica per troncare il legame tra i due giovani. Barbara, impersonata da Claudia Cardinale, decide di abbandonare il marito in seguito alle parole degli uomini di chiesa, ed è quindi la pressione della burocrazia pontificia a rovinare quello che per Antonio era un porto sicuro, al riparo dalle continue pressioni delle donne che lo corteggiavano.