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“Rumore bianco” e lo spettacolo della morte

Baumbach mette in moto la “macchina spettacolare” del suo cinema per la prima volta, celebrando quel paradosso dell’esibizione del disastro, decidendo di dare spazio all’azione come mai gli era capitato di fare. Tra esplosioni e inseguimenti costruisce il contrappunto tra uno e tutti, singolo e massa, privato e pubblico, dove la massa è esorcizzazione e il singolo è angoscia. Per un film però molto più interessato, come detto all’inizio, alla via di mezzo delle traiettorie private, familiari e sentimentali, anche in termini di protagonismo e voce narrante.

Piccola guida al cinema di Noah Baumbach

Classe 1969, degno esemplare della Generazione X, Baumbach nasce a Brooklyn, New York, da due scrittori e critici cinematografici. Presto inquadrata fra quelle dei vari autori post-alleniani o esponenti del mumblecore, merita invece uno sguardo più attento la filmografia per molti versi imperfetta (reperibile quasi totalmente sulle più comuni piattaforme streaming) di un regista che ha chiamato il figlio Rohmer e il cui film preferito è “Jules & Jim, ma anche E.T.”. Idolatrato in maniera piuttosto acritica da un certo pubblico amante dell’indie e del citazionismo colto, trova detrattori altrettanto tranchant fra chi lo accusa di una certa inconsistenza di fondo, o prova un senso di fastidio di fronte a quelle che a taluni paiono nevrosi da upper class intellettuale-bohemienne.

Noah Baumbach parla al British Film Institute di Londra

Dalla nostra corrispondente a Londra.  Noah Baumbach è apparso sul palco del British Film Institute di Londra, dove ha parlato della genesi della pellicola, del suo rapporto con gli attori e dell’importanza dei musical nella diegesi. “Cercavo un modo per ritrarre una storia d’amore e volevo, allo stesso tempo, esplorare il processo del divorzio. Raccontare di un matrimonio che si disintegrava mi dava l’opportunità di parlare del matrimonio stesso” ha spiegato il regista. Nel film, Baumbach non giudica i due protagonisti, rimanendo imparziale. Il vero nemico in Storia di un matrimonio è il sistema giuridico americano: “Per me è stato importante che gli avvocati non risultassero cattivi, sono professionisti di un sistema che a volte non sembra avere nessun tipo di razionalità”.

“Storia di un matrimonio” e la terapia incompiuta

La cosa straordinaria di Storia di un matrimonio è che “è quello che è”, come direbbero in The Irishman. Cos’è, se non ciò che appare? È una commedia drammatica post-alleniana dentro l’orizzonte newyorkese: non a caso Los Angeles è vista come una cartolina lontana, il luogo dove agli occhi del protagonista, Charlie, viene meno l’autenticità delle relazioni e si rivela la rottura forse irreversibile con la moglie, Nicole. È, ancora, una versione di Scene da un matrimonio che incrocia sprazzi di mumblecore. È il racconto di una separazione che aggiorna il “divorce movie” alla Kramer contro Kramer ai progressi del diritto di famiglia. È, come la trenodia di Martin Scorsese, un altro commiato allo spirito, ai luoghi, ai colori, agli umori della New Hollywood con i soldi di Netflix.

“Storia di un matrimonio” di Noah Baumbach a Venezia 2019

La voce di Charlie (Adam Driver), introduce Nicole (Scarlett Johansson), il primo personaggio visivamente presente del film. Uno dopo l’altro, marito e moglie raccontano i pregi del proprio compagno rivelando il grande amore che li ha spinti a sposarsi. Successivamente, il tono ironico e incantato iniziale lascia spazio al rammarico e alla crisi esistenziale che Nicole e Charlie stanno vivendo, a causa del loro imminente divorzio. Noah Baumbach tenta di proporre al suo spettatore uno sguardo diverso da quello feroce di Kramer contro Kramer di Robert Benton e del suo Il calamaro e la balena. In questa storia, Baumbach cerca la storia d’amore che resiste e cambia forma all’interno di un processo complicato come il divorzio. Il cineasta pone al centro della narrazione l’importanza dei rapporti umani e l’umorismo situazionale alla Woody Allen e, soprattutto, gli stessi Stati che portano alla separazione di Annie e Alvy in “Io e Annie”: New York e la California. Tuttavia, Charlie e Nicole devono andare oltre le loro personalità egocentriche e ai monotoni uffici trovando il modo di “guardarsi allo specchio” per il bene del figlio e, dunque, della loro famiglia. 

Greta Gerwig tra “Frances Ha” e “Lady Bird”

Riavvolgendo il nastro dal momento in cui Frances Ha scrive il suo nome sulla cassetta della posta dell’appartamento in cui andrà a vivere, instabile come sempre ma con qualche timore in meno, eccoci a Sacramento: Greta Gerwig fa un passo indietro, da New York City si ritorna dove tutto ebbe inizio, o meglio, al momento spartiacque di tutta la sua vita e lo fa affidandosi al corpo e all’anima di Saoirse Ronan. Christine “Lady Bird” McPherson è Frances dieci anni prima della turbolenta convivenza con Sophie, dei tentativi con la danza e del perenne senso di inadeguatezza che si trova ad affrontare un animo “raro” come il suo, alle prese con gli spasmi della vita newyorkese.