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“A Chiara” e il valore della scelta
Carpignano si incolla ancora una volta con la cinepresa alla testa della sua protagonista, seguendola passo passo coi movimenti malfermi della camera a mano a restituire la sua verità. Non è uno stilema inedito nel cinema realista italiano contemporaneo, meno comune però è il suo utilizzo per puntare non allo straniamento del soggetto, ma all’immersione vitalistica nel suo mondo: quelli del regista sono tuffi incuriositi nell’ambiente sociale calabrese, non espressioni di un ripiegamento del singolo rispetto allo status quo. È un approccio partecipante e partecipato, e l’empatia verso chi è oggetto del suo sguardo è evidente.
Carpignano e la piccola rivoluzione di “Mediterranea”
Jonas Carpignano, con Mediterranea, segue il fluire degli eventi mondani in maniera sincera e disinibita da qualsiasi condizionamento che non sia proprio del bisogno di porsi nella prospettiva e sguardo altrui, un altrui le cui speranze non annegano tanto nelle profondità abissali quanto negli inospitali anfratti di una terra che dovrebbe sempre ricordare l’esigenza, o meglio, il dovere morale di accogliere chi senz’altro ha nel cuore il paese più straziato
“A Ciambra”, diversi per antonomasia
Qui in redazione A Ciambra è proprio piaciuto. E ci torniamo spesso sopra. La bellissima pellicola di Jonas Carpignano è prima di tutto una apologia del neorealismo ritrovato, un neorealismo moderno fatto di commistione fra ciò che è reale (i protagonisti, l’intera famiglia Amato, sono presi dalla strada) e ciò che è costruito (la sceneggiatura scritta battuta per battuta), in un continuo gioco di specchi in cui lo spettatore è catturato, ma presto smette di domandarsi quale sia il confine tra la vita vera e la narrazione.
“A ciambra” come culla del cinema italiano
La candidatura italiana di A Ciambra, come film che rappresenterà il nostro Paese agli Oscar (nella speranza di finire nella lista dei veri candidati per marzo 2018), è molto più che un riconoscimento puramente dimostrativo. Dopo la sfortunata storia di Non essere cattivo (che per molti motivi non poteva fare molta strada), il film di Jonas Carpignano è probabilmente ancora più opportuno del pur significativo Fuocoammare per correre agli Academy Award, e rappresenta un’opzione estetica identitaria.
Riti di passaggio: “A Ciambra”
Dopo il successo di critica del suo lungo d’esordio, Mediterranea, Jonas Carpignano rimane fedele ai suoi personaggi, ai suoi ambienti, alla sua precisa e personale idea di cinema. Un cinema della macchina a mano, della fotografia sporca, del pedinamento e dell’aderenza al reale, da raccontare con lo sguardo lucido e disincantato di chi non vuole giudicare, ma portare alla luce una porzione di mondo dimenticata. E si dà il caso che questa porzione di mondo sia la “Ciambra”, il campo rom nei dintorni di Gioia Tauro dove il giovane regista italoamericano si trasferisce e si apposta, in attesa di catturare un microcosmo con i suoi abitanti e le sue leggi.