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“L’immorale” o l’amore ai tempi del Boom

In “L’immorale” è possibile riscontrare i temi cari a Pietro Germi (i modelli sociali maschili e femminili, la famiglia, i rapporti umani e affettivi, ecc.) trattati però con toni più pacati, più morbidi. Non che il regista abbia perso la sua vena critica, piuttosto constata che quel mutamento collettivo intuito e allertato un decennio prima era irreparabilmente avvenuto, e ormai non si poteva che osservarne le tragicomiche conseguenze.

“La città si difende” e il noir all’italiana

Pur ricevendo il Premio per il miglior film italiano alla dodicesima edizione della Mostra del cinema di Venezia, La città si difende non fu generalmente apprezzato dalla critica italiana né nella cornice veneziana né all’uscita nelle sale. Queste valutazioni hanno contribuito al progressivo oblio a cui il film è stato consegnato, oscurando così anche quella rielaborazione di un immaginario noir attraverso modelli nazionali che il cinema italiano inizia a compiere fin dai primi anni Cinquanta .

“In nome della legge” e la rappresentazione della mafia

Primo film a occuparsi esplicitamente di mafia nel dopoguerra basandosi sul romanzo Piccola pretura (1948) del magistrato Giuseppe Lo Schiavo, ma anche primo poliziesco o primo western italiano a seconda delle diverse prospettive e sensibilità di genere, In nome della legge di Pietro Germi è rimasto in una certa parte della memoria cinematografica della critica italiana come un modello immorale, seppur di successo e di forza drammatica, di dialogo tra Stato e mafia che ha esteso la sua lunga ombra anche sul nostro successivo cinema civile.

“Il ferroviere” e il realismo all’italiana di Pietro Germi

Germi firma (e interpreta) la sua prima opera fortemente personale, debitrice verso il realismo francese di Marcel Carné e Jean Renoir e nella tradizione del melodramma italiano. Nel racconto del macchinista Andrea Marcocci, diviso tra un lavoro disumanizzante e una famiglia che sta perdendo la sua unità, tratteggia un quadro sociologico del proletariato italiano del dopoguerra, in ripartenza ma ancora lontano dal boom economico.

“Gioventù perduta” e la borghesia criminale di Germi

Gioventù perduta bilancia questa prima illustrazione di una classe borghese criminale, che verrà ripresa successivamente da Antonioni ne I vinti (1953) e in film ormai dimenticati come Gioventù alla sbarra (1953) di Ferruccio Cerio e I colpevoli (1957) di Turi Vasile, affiancando alla storia del delitto quella dell’indagine. Questa seconda dovrebbe mostrarci la speranza di chi, per citare il pressbook, “per il bene combatte con coraggio e lealtà”.

“Il ferroviere” e la condivisione di intenti e destini

Reduce da alcuni insuccessi commerciali, con Il ferroviere Germi firma la sua prima opera fortemente personale, debitrice verso il realismo francese di Marcel Carné e Jean Renoir. Nel racconto del ferroviere Andrea Marcocci, diviso tra il disumanizzante lavoro e una famiglia che sta perdendo la sua unità, l’autore trova la forma a lui ideale per esprimere una sensibile compassione verso la condizione di emarginazione sociale di cui lui stesso si fa portavoce: è Il ferroviere infatti il primo film del regista da lui stesso anche interpretato.

“Divorzio all’italiana” di Pietro Germi al Cinema Ritrovato 2018

Laddove non c’è la possibilità di una separazione civile, l’unico divorzio possibile è una mascalzonata, un fare le cose alla maniera italiana, all’italiana. Eccola, la parola giusta. Non commedia italiana ma all’italiana. Il titolo del film di Germi era perfetto per identificare un filone umoristico tutto giocato sull’inadempienza, il fallimento e l’arte di arrangiarsi. Per dirlo con le parole di Maurizio Grande: “L’origine e l’impiego del termine sono spregiativi e proprio sulla falsariga tematica di Divorzio all’italiana stanno ad indicare un’attitudine di vita sociale negativa e una modalità ambigua del rappresentare sullo schermo quel vivere”.

Modesta proposta di revisione del cinema di Celentano

Ha compiuto 80 anni il 6 gennaio il ragazzo della via Gluck, il Molleggiato, l’Adriano nazionale, uno di quei rari esemplari di artista poliedrico (cantante, ma anche attore, regista, autore, presentatore televisivo) capace di collezionare successi strepitosi in più di un ambito artistico, senza cedere alle lusinghe della mediocrità. 80 anni di successi. Che cosa c’entra la cinefilia?  Quelli di Celentano sono film che ancora divertono e hanno qualcosa da dire sul fenomeno divistico, sull’Italia degli anni ’80 e soprattutto su usi e costumi del nostro Paese negli anni in cui si viveva un costante dualismo tra paninari e colletti bianchi, comunisti e democristiani, maggiorate e mogli.