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Ricordando Piombino. “La bella vita” ovvero l’opera prima di Paolo Virzì

Planando tra l’alto e il basso, il film è un degno erede della grande commedia all’italiana; i toni del drammatico appaiono smorzati quando, nell’intreccio narrativo e nelle peculiarità dei personaggi, raggiungono la misura di un’apparente leggerezza. Nella sceneggiatura firmata da Francesco Bruni, che collaborerà con Virzì nel successivo Ferie d’agosto (1996), in Ovosodo (1997) fino a Il capitale umano (2014), le figure dell’operaio, della cassiera e del presentatore televisivo accolgono le caratteristiche umane e ideologiche che saranno ricorrenti nei futuri soggetti conferendo all’intera filmografia del regista toscano una riconoscibile fisionomia.

“Kill Me If You Can” e una storia di ordinaria follia

Non è la prima volta che Infascelli si confronta con la riflessione biografica: da S Is for Stanley a Mi chiamo Francesco Totti è l’esperienza individuale che contribuisce a sostenere o a creare il mito e in questo suo ultimo lavoro gli aspetti tipici del character study raggiungono, in chiave documentaristica, un risultato molto interessante. Lontano dal voler fornire una giudizio, Kill Me If You Can sembra voler cominciare sotto le sembianze di documentario divulgativo ma l’irruzione del found footage lo fa incappare in continue digressioni che rimandano anche all’immaginario dei grandi classici del cinema italiano e americano.

Il racconto dell’Italia borghese. Il centenario di Mauro Bolognini

Raffinato, censurato, talvolta manieristico, tecnicamente perfetto per la capacità di filmare senza sbavature, di dare pienezza e spessore compositivo alle immagini, Mauro Bolognini ha saputo raccogliere le eredità culturali dell’Italia postbellica, ritraendo con sapienza e senso critico la decadenza del mondo borghese fatto di uomini disorientati e soli, figli di una crisi che affonda le proprie radici nel racconto letterario dei grandi scrittori. Ha messo in scena la natura delle debolezze umane senza la perentorietà del giudizio, cercando, con sguardo da esteta, di disegnarne i contorni. Il suo cinema ha corso tra la strada e una casa chiusa, popolare, borghese, aristocratica.

Cronaca di un’estate portoghese. “Aquele Querido Mês de Agosto” di Miguel Gomes

A metà tra il documentario e la fiction, Aquele Querido Mês de Agosto appare fin da subito un lavoro cinematografico insolito, che condivide nelle intenzioni e nelle suggestioni un certo modus operandi, sperimentato nei capolavori della Nouvelle Vague e nel cinema portoghese contemporaneo più innovativo. Premiato in numerosi festival internazionali ed accolto positivamente a Cannes 2008 nella sezione Quinzaine des Réalisateurs, il film di Gomes risulta un’anomalia cinematografica, una visione – prestata – alla macchina da presa poiché restituisce allo spettatore i dati di una potenziale inchiesta etnografica che plana, tuttavia, sulle ali di “un’estetica della superficie”.

“Febbre da cavallo” e la vita come scommessa

Con gli ingredienti tipici dell’avanspettacolo, una caratterizzazione accuratissima di tutta la tassonomia dei personaggi e una sceneggiatura che oscilla tra l’ironia e il sense of humor di pirandelliana memoria, la commedia di Steno ha regalato al cinema e all’immaginario collettivo un affresco della romanità che popola le sale da gioco non risparmiandosi di offrire il ritratto dello scommettitore, che, al di là dello spazio filmico,  assume  un senso universale: l’uomo che gioca per vincere, ma che rischiando, si imbatte inevitabilmente nella sconfitta. Se è vero che bisogna saper perdere, come cantava una vecchia canzone, bisogna anche saper rischiare pur di tendere alla vittoria.

“Ti meriti un amore” e l’attesa che celebra il desiderio

Con Ti meriti un amore, ora disponibile su Mubi e  Amazon Prime, la regista ha di fatto deciso di concedere tutta se stessa a un racconto di cui è protagonista dentro e fuori la finzione cinematografica, portandosi dietro tutti gli umori delle esperienze attoriali precedenti. Proiettato nella Séances spéciales del Festival di Cannes 2019, il film comincia con un esordio in media res; gli ordigni della relazione sono già saltati, le certezze dell’innamorato svanite. La narrazione prosegue configurandosi come il resoconto di una peregrinazione: la giovane e bella protagonista balza da un’esperienza amorosa a un’altra alla ricerca del senso dell’amore e forse della vita.

Sguardo politico e sguardo poetico. I corti di Alice Rohrwacher

C’è un luogo mappato sulle cartine d’Italia, al confine tra il Lazio e l’Umbria, che fa da sfondo alle ultime due opere della regista italiana Alice Rohrwacher: l’altopiano dell’Alfina. Omelia contadina e  Quattro strade germogliano sotto uno stesso lembo di cielo, da un pezzo di terra che è naturale solo in apparenza. Per il Pasolini della Medea, film del  1969, sono gli dei a rendere la natura -presenza – e a imbastirla come materia originaria: “Tutto è santo e l’intera Natura appare innaturale ai nostri occhi. Quando tutto ti sembrerà normale della natura, tutto allora sarà finito!”; così canta nel prologo il centauro Chirone al giovane Giasone che pesca con i piedi immersi nell’acqua tiepida e le spalle rivolte alle nuvole che si specchiano nella laguna di Grado.