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“Surcouf” simbolo dell’epoca

Surcouf di Luitz-Morat (1924) vede la luce in un momento particolare del cinema francese in cui andavano di moda da una parte storie estremamente romanzate di personaggi storici realmente esistiti e dall’altra un gusto per le storie di avventura dal sapore esotico, specie orientale. Robert Surcouf è un corsaro realmente esistito a cavallo tra ‘700 e ‘800 che combatté contro la flotta inglese nei mari dell’India. 

“J’ai tué!” e l’orientalismo divistico

Sessue Hayakawa, seppur giapponese, riuscì a ritagliarsi un piccolo spazio come divo nel cinema muto statunitense ed europeo. Non fa eccezione J’ai tué! di Roger Lion, regista specializzato in storie sentimentali. Questa volta il personaggio interpretato da Hayakawa si ritrova paracadutato in un contesto borghese alle prese con un intrigo amoroso con tanto di ricatto. 

“Quo Vadis?” cento anni dopo

Dopo la visione rimangono impresse le scene dei grandi banchetti ma anche quelle delle persecuzioni dei cristiani nell’arena, tra persone sbranate dai leoni, corse delle bighe con persone legate e trascinate a terra senza dimenticare il celebre combattimento a mani nude tra Ursus e un toro. Non manca una componente erotica piuttosto marcata usata per dare un ulteriore contraltare drammatico alla depravazione dei romani sotto Nerone e alla rettitudine dei cristiani.

“Bílý Ráj” puzzle con i pezzi al posto giusto

All’interno di Bílý Ráj troviamo dunque diversi personaggi interessanti: un regista, Karel Lamac, grande conoscitore del cinema internazionale, che cercherà negli anni successivi di sperimentare e giocare con i generi; un’attrice, Anny Ondráková, meglio nota al pubblico come Anny Ondra, che sarà poi protagonista in Ricatto (Blackmail) di Alfred Hitchcock (1929); un operatore, Otto Heller, che sarà uno dei più importanti della prima cinematografia ceca; uno sceneggiatore, Václav Wasserman che sarà autore di tante storie interessanti.

“Matrimonio in quattro” e le sperimentazioni di Lubitsch

Se Matrimonio in quattro può sembrare una commedia tipica alla Lubitsch, essa è in realtà un punto di svolta per il regista, che dopo il trauma di Rosita era intenzionato a lasciare gli Stati Uniti. Fortunatamente la Warner gli offre la possibilità di girare un film in libertà e questo diventa un modo per cercare di sperimentare e adattare il proprio stile al suo nuovo pubblico.

“La Mayson du Mystère” ardito e articolato

Con La Mayson du Mystère il sérial francese arriva a sposare il poliziesco con i classici della letteratura. Al di là del titolo, infatti, che lascia presagire una vicenda all’insegna dello spionaggio e del mistero, la serie vira verso atmosfere più vicine a Victor Hugo e i suoi Miserabili con colpi di scena e desideri di vendetta. Interessante che una storia così francese sia realizzata da una casa di produzione, la Film Albatros, che era nota per ospitare artisti russi espatriati. 

La forza della natura in Jean Epstein

“Sullo schermo non esiste una natura morta […] gli alberi gesticolano, le montagne si esprimono”. Così scriveva Jean Epstein nel saggio Le Cinématographe vu de l’Etna (1926), in cui esponeva il suo punto di vista sul lavoro fatto con La Montagne infidèle (1923). L’opera di Epstein mostra il suo grande interesse per la natura e la sua forza distruttrice. Il primo Epstein è capace di usare la violenza della natura anche in opere più atipiche come L’Auberge rouge (1923). Il film, tratto dall’omonima opera di Balzac, è girato principalmente in interni, ma la scena più forte ha come sfondo proprio l’elemento naturale e distruttivo della tempesta

“Schatten” nel kammerspiel dell’inconscio

Con Schatten il cinema riflette sul mondo delle ombre e il suo significato unendo elementi esoterici a quelli estetici e psicologici. Ogni momento del film è frutto di una riflessione profonda e porta con sé un significato. Per lo spettatore la visione di Schatten, con lo spettro della realizzazione degli istinti del proprio inconscio, diventa un momento quasi catartico che solo il ritorno della luce in sala può sciogliere.

“The Covered Wagon” storia di carri e di imprese

James Cruze cerca di trasmettere con realismo quasi documentaristico le fatiche e le imprese che tante persone avevano fatto per anni alla ricerca di un posto migliore dove stanziarsi e vivere. Per rendere tutto più realistico vennero affittati veri carri assieme ai cavalli e scritturò centinaia di comparse, anche tra la tribù Arapaho. Non potevano infatti mancare gli assalti degli indiani che vengono bilanciati da momenti di integrazione tra bianchi e nativi, capaci di convivere e anche di mettere su famiglia.

“Tire-au-flanc” e la risata lontana dalla guerra

Tire-au-flanc esce nel 1928 e gli anni della Prima Guerra Mondiale appaiono forse abbastanza lontani dal permettersi di ridere nuovamente di certe cose. Farlo pochi anni prima sarebbe stato probabilmente impossibile perché ogni famiglia aveva subito perdite e i dolori erano ancora freschi. Il conflitto aveva però avuto un risvolto inevitabile: tutti, volenti o nolenti, erano entrati in contatto con la vita militare e quindi si conoscevano pregi e difetti di quel mondo. Proprio qui si inserisce il film, che con leggerezza sembra quasi scacciare via in maniera con una risata propiziatoria il dolore del passato.

“Blind Husbands” e la crisi della morale

In un contesto fortemente influenzato dalla morale americana e dall’impossibilità di accettare la fine di un rapporto matrimoniale, ecco giungere un punto di rottura proveniente da fuori, dall’Europa in cui Blind Husbands è ambientato. Da una parte abbiamo la morale puritana, dall’altra quella più libertina proveniente da fuori e che sta mettendo a rischio le basi della prima. Il personaggio interpretato da Erich von Stroheim rappresenta proprio l’altra morale, quella che negli Stati Uniti si cercava disperatamente di osteggiare.

“La terre” al Cinema Ritrovato 2022

Il Cinema Ritrovato segue ormai da anni il lavoro di restauro e riproposizione dei film di André Antoine, regista che forse più di tutti è riuscito a dedicare la sua produzione al naturalismo prendendo però spunto da opere letterarie note e canonizzate. La Terre di Émile Zola (1888) è qui un ennesimo spunto per rappresentare la vita contadina e la spietatezza degli uomini. Come in Italia il Mazzarò di Verga (La roba del 1880),

“Dans la nuit” al Cinema Ritrovato 2022

Dans la nuit – forse l’ultimo film muto francese uscito al cinema – è l’unica opera da regista di Charles Vanel, qui anche attore protagonista insieme alla compagna di tanti film Sandra Milowanoff. Se il passaggio dalla recitazione alla regia non è certo un unicum, stupisce come Vanel sia stato in grado di creare un film completo e strutturato curando anche la sceneggiatura. L’occhio del regista è attento a catturare la quotidianità della vita di miniera, omaggio al padre, e della gente semplice in generale. Ma la maniera, come sapeva, poteva anche essere molto pericolosa e così l’interesse quasi documentario trasforma la cava in un personaggio vivo e attivo nello sviluppo la narrazione. 

“La Femme de nulle part” al Cinema Ritrovato 2022

Louis Delluc ed Ève Francis sono una delle coppie più belle del cinema muto e li ritroviamo, uno nel ruolo di regista e l’altra come attrice principale, finalmente al Cinema Ritrovato 2022 in La Femme de nulle part. Difficile immaginare che inizialmente doveva esserci Eleonora Duse al posto della Francis che dovette però rinunciare per motivi di salute. La vicenda si muove tra linee temporali diverse e segue il tema del doppio e della specularità. Ci sono due donne: un’anziana signora, che torna alla sua villa della giovinezza decenni dopo essere scappata con il suo amante, e una giovane moglie, che sta vivendo una situazione analoga proprio in quelle ore.

“Protéa” e le avventure del trasformismo

Prima di Musidora e Pearl White un’altra stella illuminava il cinema d’avventura: Josette Andriot. Il Cinema Ritrovato 2022 porta sul grande schermo le avventure di Protéa (1913), una intraprendente spia alle prese con un caso di sicurezza nazionale. Siamo nel regno di Messenia e i due paesi vicini, Celtie e Slovonia, hanno firmato un trattato segreto che potrebbe avere conseguenze pericolosissime per il paese. Chi se non la giovane spia potrebbe scongiurare il pericolo? Assieme al compare Anguilla, Protéa si infiltrerà con mille travestimenti e colpi di scena all’interno del regno nemico per recuperare il documento.

“Tu m’appartiens!” al Cinema Ritrovato 2022

Rudolf Klein-Rogge (il mitico Dr. Mabuse) e Francesca Bertini; echi de i Miserabili di Hugo conditi da un’atmosfera noir. Tu m’appartiens! è una delle riscoperte del Cinema Ritrovato, un film che fin dai primi minuti riesce a catturare lo spettatore che si ritrova di fronte a domande infinite che faticano a trovare risposta. Chi è il protagonista e perché è ricercato dalla polizia? Chi è la donna che gli sta dando la caccia? Farà parte anche lei della polizia? E l’uomo misterioso che pattuglia i dintorni è amico o nemico?

“I figli di nessuno” al Cinema Ritrovato 2021

Forse perché si veniva dal famoso biennio rosso del ‘19/’20 culminato con l’occupazione delle fabbriche, forse perché le idee politiche stavano cambiando, con I Figli di nessuno si assiste a uno strano mischione melenso, con protagonista Leda Gys, in cui l’insegnamento di fondo è sostanzialmente: va bene protestare ma continuate a lavorare perché i padroni sono buoni e sapranno ascoltarvi. Vista la marcia su Roma del 1922 e il significato che il termine “balilla” andrà ad acquisire, fa un certo effetto vederlo spiattellato come soprannome di un personaggio. Il riferimento era in realtà ad un giovane genovese che verso la fine del ‘700 aveva dato inizio, secondo la tradizione, ad una rivolta contro gli asburgici diventando poi simbolo del giovane impegnato e ardito. 

“L’Arlésienne” al Cinema Ritrovato 2021

Con L’Arlésienne Antoine sembra portare sul grande schermo i valori della semplicità della vita agreste contrapposti a quelli della vita mondana di città. Eppure sembra a tratti esserci una rottura o un giudizio personale negativo da parte di Antoine. Uno dei personaggi, quando si paventa l’ipotesi di celebrare comunque il matrimonio tra Frédéri e la ragazza di Arles, arriva a dire che preferisce di gran lunga la morte del ragazzo al disonore che tale situazione avrebbe portato. La morte avviene ma non si mette in dubbio la sua giustizia o meno. I valori hanno di fatto vinto ma il prezzo è stato la morte di un giovane che, come un novello Icaro, si è avvicinato troppo alla vita di città finendo per precipitare.

“Il carretto fantasma” e il cinema ectoplasmatico

Il carretto fantasma è un film cardinale all’interno della produzione svedese ed è stato anche quello che ha saputo aprire le porte di questi film verso l’estero. Dalla seconda metà degli anni ’10 il cinema locale era andato infatti raggiungendo vette sempre maggiori, ma solo di rado aveva lasciato la patria complice, secondo Idestam-Almquist, l’opposizione nei confronti di film stranieri durante il periodo bellico. Questo è però un momento magico perché, complice l’apertura de nuovi studi Svensk Filmindustri a Råsunda, nel nord di Stoccolma, è finalmente possibile osare di più a livello sperimentale. Victor Sjöström può quindi girare Il carretto fantasma senza dover scendere a compromessi per dare libero sfogo alla sua espressività.

‘La scala di servizio’ al Cinema Ritrovato 2021

Inquadrare La scala di servizio all’interno di una corrente specifica è piuttosto complesso perché per certi versi esso è uno e trino. Figura centrale in questo quadro è Carl Mayer, personaggio estremamente versatile e alla continua ricerca di nuove soluzioni formali avendo sceneggiato in passato Il Gabinetto del Dr. Caligari e avrebbe poi lavorato con Murnau per opere fondamentali tra cui L’ultima risata ma anche in lavori avanguardistici come Berlino: Sinfonia di una grande città del 1927. Nel 1921 escono due opere fondamentali per la definizione del Kammerspiel cinematografico: La rotaia di Lupu Pick e, appunto, La scala di servizio. Quest’ultimo, però, mantiene ancora un contatto con l’espressionismo in alcuni elementi.