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“Wish” ma non posso. Il bigino dei 100 anni Disney

Da una parte Wish è il nuovo segmento di un percorso ben attento a non pestare i piedi a nessuno, che dà vita a narrazioni costantemente equilibrate, giustificando ogni singola azione, scelta o pensiero dei suoi personaggi per cercare di non creare malumori, disuguaglianze o discriminazioni. Dall’altra, il film coglie pigramente l’occasione di omaggiare tutti i classici che l’hanno preceduto, fornendo un’occasione giocosa ma fine a se stessa.

“Raya e l’ultimo drago” tra novità e ricostruzione

Ciò che maggiormente salta all’occhio durante la visione di questo ultimo film Disney è la sua abilità nell’accontentare il pubblico di oggi senza dover per forza privarsi della sua componente più genuina e, perché no, politica. Si tratta infatti di un film pienamente ancorato al qui e ora più recente, da un punto di vista narrativo, tematico e anche di mercato. Sono anni di grandi e repentini cambiamenti sociali. Le minoranze stanno finalmente trovando una loro voce in grado di rappresentarle e hanno poco alla volta trovato il supporto delle major. Raya e l’ultimo drago quindi prova a sdoganare l’idea di una principessa acqua e sapone per ergere a protagonista una ragazza guerriera nata e cresciuta in un mondo lontano (a Oriente).

“Cuphead” e l’animazione classica

Nel 2017 il mondo del gaming si vide sorpreso dall’arrivo di un nuovo videogioco, anticipato da numerosi trailer aventi protagonisti due curiosi omini con la testa a forma di tazza: Cuphead, un game run ’n’ gun in 2-D, creato e sviluppato dai fratelli Chad e Jared Moldenhauer per lo studio indipendente MDHR. L’innovazione che Cuphead ha portato sul mercato dei videogiochi è la sua contestualizzazione in un’epoca del passato, per cui il giocatore si trova immerso in pratiche e modalità di visione puramente “vecchio stile”. Ispirati dalle opere di Ub Iwerks e Walt Disney, Cuphead e Mugman ricalcano nello specifico la fisionomia del primo Mickey Mouse e di Oswald the Lucky Rabbit

I menestrelli di Walt Disney

Disney scelse come suo marchio, da amante del Medioevo e della musica sinfonica, il castello di Neuschwanstein, che fece costruire anche all’interno del suo parco di divertimenti a Orlando. Tutti i castelli dei suoi film sono una riproposizione di Neuschwanstein, dalla versione più cupa e spaventosa a quella più brillante e aperta. Principesse, principi, streghe cattive, maghi e fate buone sono i personaggi probabilmente rimasti più impressi dell’immaginario neo-medievale Disney. Tuttavia c’è un soggetto che, nonostante sia difficile da inquadrare, ritorna spesso e attraverso le sue rare e brevi apparizioni all’interno di questi sogni si rende indimenticabile: il menestrello.

“Dumbo” e il volo dell’iconografia Disney

La scelta di Burton appare azzeccata a partire dai temi e l’iconografia della pellicola: un protagonista che fa del suo handicap un punto di forza (Edward Mani di Forbice), la cornice sfavillante del circo (Big Fish) e la stessa figura di Dumbo, che nella sua versione 3D riesce a mescolare tenerezza e uncanniness come i pupazzi di Nightmare Before Christmas. Similmente a quanto visto in Alice nel Paese delle Meraviglie, la storia dell’elefantino viene espansa oltre i limiti del cartone animato del 1941, senza però dimenticare il testo originale che viene a più riprese omaggiato. Con la sola eccezione dei corvi, esclusi probabilmente per il loro sotto-testo razzista, tutti i personaggi e le situazioni dell’originale compaiono nel remake

“Dumbo” tra Burton e Fellini

Dumbo sembra essere, ma non è, lontano dallo stile grottesco che contraddistingue Tim Burton, pur destinato anche ai piccini. Ambientato nell’anno 1919 il Dumbo di Burton sembra riproporre alcune domande che Federico Fellini si pose per la realizzazione del suo film I clowns del 1970: “I clown di allora, di quando ero bambino dove sono adesso? Esiste ancora quella comicità violenta che dava sgomento? Quel grande chiasso esilarante e spasmodico può ancora divertire? Certo il mondo cui apparteneva, di cui era espressione non c’è più […]”. Ecco perché il circo, da arte di strada, nucleo di maschere stravolte dai fumi dell’alcool e da luci psichedeliche, sembrava il perfetto scenario per il classico Tim Burton a cui siamo soliti pensare. 

Oswald antenato di Topolino al Cinema Ritrovato 2018

Oswald il coniglio fortunato, un caro vecchio antenato di Topolino, torna sullo schermo – per la prima volta fuori dalla Norvegia – con due film ritrovati. Empty Socks è stato rinvenuto nelle collezioni della Biblioteca nazionale norvegese, nel 2014 da Kjetil Størenssen e David Gerstein. Empty Socks, purtroppo incompleto, vede il coniglio Oswald alle prese con il Natale e dei piccoli coniglietti orfani che invece di dormire, per errore, danno fuoco all’intero orfanotrofio. Mentre nel 2007 David Gerstein e Gunnar Strøm hanno scoperto al Norsk Filminstitutt una copia sempre incompleta di Tall Timber. Quest’altra avventura vede Oswald in gita in quelle che dovrebbero essere le sue normali condizioni di vita. Il coniglio, in questo esilarante episodio, si caccia sempre nei guai e finisce per lottare con una mamma-orso molto inferocita e dai denti aguzzi.

“Aladdin” 52 anni prima: “Il ladro di Bagdad”

Siamo nel 1940 e stiamo parlando di un live action il cui risultato finale lo si deve a ben sei registi (anche se i più accreditati rimasero Ludwig Berger, Michael Powell e Tim Whelan) e ad un uomo con un sogno: fare un remake dell’imponente Il ladro di Bagdad del 1924 proponendo qualcosa di completamente nuovo, spettacolare, mai visto prima. Quell’uomo era Alexander Korda e nella magia dello splendido technicolor che ne decretò il successo, in questi giorni il Cinema Ritrovato ha riportato in sala il suo Il ladro di Bagdad.