Archivio
“Buena Vista Social Club” come musical alternativo
C’è una luce salvifica nei luoghi ripresi dal regista tedesco, che li consegna ad un’“archeologia del futuro” grazie ad uno sguardo cinematografico che attraversa, sospeso, un gelido passato, un appassionato presente e un domani che non sembrava essere così epico e colorato. Le nuance di stili, di toni, che ammiriamo nelle strutture architettoniche/teatrali, persino negli edifici abbandonati o nei murales, e che ascoltiamo nelle melodie di brani che fermano istanti seducenti, non possono che invitarci a sognare da partecipi spettatori di un decadente (e alternativo) musical hollywoodiano.
“Anselm” e Wenders in titanica confidenza
Anselm di Wim Wenders, dedicato al grande artista contemporaneo Anselm Kiefer, è un vitale slancio titanico-romantico verso il superamento del limite. Girato in 3D con risoluzione 6K, è pensato per immergere completamente lo spettatore nel mondo di Kiefer, nella possanza soverchiante delle sue enormi creazioni, nella matericità inquietante e stratificata di elementi eclettici, dal piombo al grano bruciato.
“Perfect Days” e la difficile arte della semplicità
Si resta come frastornati dalla ricchezza umana di questo protagonista e dalla capacità di Wenders di far accadere le cose, senza forzature, con una discrezione anche stilistica centratissima e decisiva, totalmente al servizio di un pedinamento umano ed esistenziale. Di più, forse. Wenders mette in scena il suo amore per il cinema. Filma la sua urgenza di filmare ma senza peso, senza mostrarla, senza mostrarsi, al servizio di una visione, restando nell’ombra.
“Il cielo sopra Berlino” nelle parole di Wim Wenders
Racconta Wenders: “Io ho provato un desiderio, e mi è balenata la luce di un film a Berlino, e quindi anche su Berlino. Un film che potesse dare un’idea della storia di questa città dalla fine della guerra. Un film che riuscisse a far lievitare, a palesare nelle sue immagini ciò che in tante pellicole ambientate qui manca, ma che appena si arriva in questa città sembra esser lì davanti ai tuoi occhi in modo così tangibile: un insieme di sensazioni, certo, ma anche un qualcosa nell’aria, che senti sotto ai tuoi piedi, che ritrovi nei volti degli altri; insomma tutto ciò che fa la differenza tra vivere a Berlino e in un’altra città”.
“Il cielo sopra Berlino” e la critica
Un assaggio dell’entusiasmo critico che Il cielo sopra Berlino suscitò all’uscita: “Si viene sedotti dall’incantesimo di questo film. Scorre lentamente, ma non si diventa impazienti, perché non c’è una trama vera e propria, e quindi non ci si preoccupa di passare alla prevedibile tappa successiva. È una pellicola sull’essere, non sul fare. Crea uno stato d’animo di tristezza e isolamento, di desiderio, di transitorietà delle cose terrene. Se l’essere umano è l’unico animale che sa di vivere nel tempo, il film tratta di questa consapevolezza” (Roger Ebert).
Incontro con Wim Wenders
Incontrando la stampa, Wenders ha parlato del restauro del suo Lampi sull’acqua – Nick’s Movie e dell’inizio della collaborazione tra la Cineteca di Bologna, la Wim Wenders Stiftung e CG Entertainment. Rievocandone la realizzazione, Wenders ha ricordato come fare un film su Nicholas Ray sia stato per lui molto particolare, vista la grande amicizia che lo legava al regista di Gioventù bruciata. Un coinvolgimento emotivo così forte ha reso l’esperienza estremamente diversa rispetto a quella avuta, per esempio, sul set del suo recente documentario che indaga il modo di vivere la religiosità di Papa Francesco.
“Lampi sull’acqua” ovvero la morte (di un amico) al lavoro
Wim Wenders e Nicholas Ray: due giganti del cinema, due colleghi e amici, due autorialità che si incontrano in un film che sfugge alle definizioni canoniche. Consapevoli che per il regista statunitense questo sarebbe stato l’ultimo canto, i due decidono di trasformare il progetto in una sorta di documentario sui suoi momenti finali: Ray si offre alla macchina da presa di Wenders in tutta la sua fragilità, mentre il regista tedesco accetta di compiere un atto eticamente problematico immortalando gli ultimi giorni dell’“amico americano”.
Venerati maestri del cinema contemporaneo
A chiusura del 2019, approfondiamo il tema dei “venerati autori”. I grandi cineasti della vecchiaia. In fondo è stato comunque l’anno dei maestri, aperto dalla lectio magistralis più anarchica: quella di Clint Eastwood (quasi novant’anni, ma chi ci crede?), il corriere che continua a dirci che non esiste un mondo perfetto. Ciclicamente promette che non tornerà di nuovo in gioco: e quando pensi che sia l’ultima volta, sfoderi la retorica del testamento, ti consoli nel ritrovarlo dietro la macchina da presa… ecco che ritorna. E poi Allen, Avati, Bellocchio, Leigh, Polanski, Scorsese, e altri.