Archivio
“L’ultima notte di Amore” e la riscrittura del poliziesco
Dopo le produzioni e le ambientazioni internazionali di Escobar (2014) e The Informer – Tre secondi per sopravvivere (2019), con L’ultima notte di Amore Andrea Di Stefano continua la sua personale indagine nel poliziesco, muovendosi nel panorama italiano e manovrando abilmente ripetizione e innovazione di genere, dalla caratterizzazione dei personaggi ai nuclei dell’intreccio, commentati con sonorità che evocano Bacalov e Cipriani.
“Ludwig” 50 anni fa. Il biopic tra vita, storia e politica
Come Ludwig personaggio rifiuta di essere deposto e vuole decidere per la sua vita, Ludwig il film afferma la sua vitalità artistica. Lo scambio tra vita e film non si conclude qui, e il biopic non è semplicemente su Ludwig ma su Visconti stesso: nella sua identificazione con Ludwig, nobile omosessuale con interessi artistici, ma anche nella sua condivisione di alcuni tratti degli altri personaggi e nell’utilizzo di attori e attrici come Berger, Schneider, Orsini, Mangano, Griem e Asti appartenenti alla sua cerchia.
Riprendere la parola. “Les Années Super8” e la scrittura di Annie Ernaux
Alle immagini delle feste di famiglia, dei compleanni, delle visite ai suoceri e alla sorella ribelle si alternano le riprese fatte durante i viaggi in Francia e all’estero. Costantemente il récit di Ernaux mette in relazione questi fatti privati con gli avvenimenti storico-politici. Il viaggio in Cile del 1972 è l’occasione per documentare le speranze di un popolo per il governo Allende: quelle girate “sono immagini di un paese che non esiste più”. La pubblicazione del primo romanzo, Gli armadi vuoti (1974), corrisponde alla morte di Pompidou, all’elezione di Giscard e agli attacchi dei conservatori contro Simone Weil per le sue posizioni a favore dell’aborto.
“Salvatore Giuliano” come processo al genere:
Fin dalle informazioni iniziali che dichiarano che i luoghi dove è stato girato il film sono gli stessi dove Giuliano ha passato gli ultimi anni della sua vita, il film rifiuta il genere del biopic per connotarsi come un’indagine di cui la macchina da presa rappresenta il principale strumento di detection. Rosi e gli sceneggiatori Suso Cecchi d’Amico, Enzo Provenzale e Franco Solinas paradossalmente non conferiscono a Giuliano un’identità cinematografica riconoscibile: il volto di Pietro Cammarata, già di per sé sconosciuto agli spettatori, non viene mai inquadrato in modo nitido e la figura del bandito non diventa mai protagonista in prima persona della narrazione.
“Cadaveri eccellenti” dentro la sconfitta degli ideali
Cadaveri eccellenti (1976), tratto dal romanzo breve Il contesto (1971) di Leonardo Sciascia, costituisce un importante capitolo nella riflessione cinematografica sul Potere, una costante nell’opera di Francesco Rosi, ma illumina anche il potere delle convenzioni di genere nel cinema italiano degli anni ’70. Rosi mostra il saldarsi del Potere dello Stato con quello delle sue componenti deviate e antidemocratiche (capaci di affascinare anche il Partito Comunista all’opposizione) sempre al lavoro per delegittimare le istituzioni e trovare un capro espiatorio nelle frange dell’estrema sinistra per le proprie ambizioni golpiste.
“La California” tra la via Emilia e il West
L’invito del grande Pier Vittorio Tondelli nel racconto “Viaggio” (Altri Libertini, 1980) a farsi riempire la testa di storie risuona chiaro nel nuovo film di Cinzia Bomoll, ambientato in quella stessa provincia emiliana sulle cui strade lo scrittore “spolmonava” quello che aveva dentro e raccontava i molteplici itinerari esistenziali che incrociava. La California intreccia le storie degli abitanti della frazione/finzione emiliana con la narrazione di formazione di Ester e Alice, sorelle gemelle, figlie di Yuri, un padre punk eterno adolescente che alleva maiali, e di Palmira, una madre irrimediabilmente depressa e disorientata dalla fine del comunismo.
“Princess” non è la Bella Addormentata
Princess è un film di contrasti e di polarità, nei luoghi, negli avvenimenti come nei colori: non solo il bianco/nero della pelle, ma anche quelli fluorescenti delle parrucche e dei vestiti delle nigeriane e quelli grigi della città. Il film è comunque attento a non costruirsi tutto sul contrasto italiano/nigeriane: ci sono differenze di classe ben evidenziate tra i clienti italiani e ci sono contrasti all’interno dello stesso gruppo delle donne che litigano non solo per i clienti ma anche per i rapporti da tenere con le famiglie di origine.
“Pasolini – Cronologia di un delitto politico” e la colpa senza fine
Pasolini. Cronologia di un delitto politico è un modo per celebrare il processo invocato dallo scrittore e regista, sia attraverso il famoso articolo “Che cos’è questo golpe? Io so” pubblicato sul Corriere della Sera nel 1974, sia attraverso il romanzo Petrolio. Le testimonianze e i materiali raccolti da Angelini parlano di una classe politica indifferente, quando non collusa con la Destra fascista, verso la persecuzione giudiziaria, mediatica e anche fisica a cui Pasolini fu sottoposto fin dal 1949: un processo per oscenità in luogo pubblico, che gli provocherà prima una condanna e, successivamente, un’assoluzione in appello quando però Pasolini era già stato sospeso dall’insegnamento ed espulso dal PCI.
Riprendere la parola. “Les Années Super8” e la scrittura di Annie Ernaux
Alle immagini delle feste di famiglia, dei compleanni, delle visite ai suoceri e alla sorella ribelle si alternano le riprese fatte durante i viaggi in Francia e all’estero. Costantemente il récit di Ernaux mette in relazione questi fatti privati con gli avvenimenti storico-politici. Il viaggio in Cile del 1972 è l’occasione per documentare le speranze di un popolo per il governo Allende: quelle girate “sono immagini di un paese che non esiste più”. La pubblicazione del primo romanzo, Gli armadi vuoti (1974), corrisponde alla morte di Pompidou, all’elezione di Giscard e agli attacchi dei conservatori contro Simone Weil per le sue posizioni a favore dell’aborto.
Archivio Aperto 2022. Bring the Archive Into the World
Il titolo della quindicesima edizione di Archivio Aperto, il festival organizzato da Home Movies – Archivio Nazionale del Film di Famiglia a Bologna dal 20 al 24 ottobre, si prefigge di portare l’archivio nel mondo, affermando in questo modo la rilevanza storica dei filmati privati, sperimentali e di found footage che compongono le opere presentate. Le aspettative suscitate da un titolo così ambizioso non sono certo andate deluse in questa edizione particolarmente ricca, che si è distinta per la presenza del Premio Nobel Annie Ernaux, dal primo concorso italiano dedicato alle opere di found footage e da retrospettive importanti come quella sulla regista sperimentale americana Marie Menken.
“Wildhood” al Gender Bender 2022
Wildhood (2021) elude una precisa definizione di genere cinematografico, evocando l’intersezionalità fin dal titolo, che definisce il passaggio tra l’infanzia e l’età adulta per tutti gli esseri viventi. L’originale narrazione del film di Bretten Hannam, sostenuta da un’attenta regia e da una recitazione efficace e senza facili enfasi, fonde convenzioni del film di formazione, del road movie, della commedia sentimentale queer affermando l’identità etnica e sessuale dei protagonisti.
“Sisters With Transistors” al Gender Bender 2022
Narrato dalla voce dell’artista e musicista americana Laurie Anderson, Sisters With Transistors non è un semplice documentario sulla musica elettronica ma un importante tributo al lavoro pionieristico di un gruppo di donne in un campo, quello della composizione musicale, considerato di quasi esclusiva pertinenza maschile. Per sconfinare nella composizione musicale, le donne al centro del documentario dell’esordiente Lisa Rovner hanno inoltre utilizzato nuove tecnologie concepite dal senso comune come proprietà maschile. Sisters With Transistors mette al centro della propria narrazione il contributo di artiste donne allo sviluppo del genere della musica elettronica.
“Poppy Fields” al Gender Bender 2022
Pluripremiato nel circuito dei festival europei e nord-americani sia per l’intensa recitazione dell’attore principale, Conrad Mericoffer, che per la talentuosa regia dell’esordiente Eugen Jebeleanu, Poppy Fields (2020) evoca, fin dal titolo, il tema del conflitto e della morte. Il papavero è, infatti, il fiore simbolo del sacrificio dei caduti durante la prima guerra mondiale. Pur non essendo un film sulla prima guerra mondiale e svolgendosi claustrofobicamente all’interno di spazi chiusi, mette in scena una serie di conflitti, pubblici e privati, interiori e sociali, che spingono il protagonista verso una condizione di morte affettiva e di sacrificio della propria identità.
“Il signore delle formiche” biopic del Potere
La condanna di Aldo Braibanti diventa l’occasione per il regista di girare un biopic non solo del mirmecologo (studioso delle formiche, da cui il titolo del film), filosofo, drammaturgo, partigiano comunista e unico condannato per plagio nella storia del diritto, ma anche e soprattutto del Potere italiano che opprime la differenza: certamente attraverso i suoi apparati correttivi e punitivi, ma, anche, in modo pervasivo, occupando e rovesciando spazi di opposizione e controcultura. Amelio tiene in equilibrio questa riflessione sul Potere, di cui mostra anche le pericolose ramificazioni nel nostro tempo con le richieste di emozioni e sentimenti che ci si attende da una storia d’amore.
“Lonesome” al Gender Bender 2022
Boreham rilegge il mito del cowboy in chiave queer, rendendo più esplicito rispetto ai punti di riferimento tradizionali costituiti da Un uomo da marciapiede (1969) e Brokeback Mountain (2005), la componente sessuale della relazione e della stessa identità dei due uomini che sono pronti a sperimentare diverse situazioni anche al di fuori dal loro rapporto, dal sesso a tre a quello a pagamento. La coppia formata da Casey e Tib rappresenta un meticciato in cui anche il cowboy autoctono è già in partenza altro rispetto agli standard di mascolinità del proprio paese d’origine ed incontra un soggetto migrante, portatore di alterità etnica oltre che sessuale.
“My Emptiness and I” al Gender Bender 2022
Nel corso del film, la protagonista condivide il suo dubbio principale, ovvero se sia necessario che una persona debba arrivare a modificare il proprio corpo per trovare una comunità di riferimento e per essere socialmente accettabile, con colleghe, amici, gruppi queer, medici, famigliari lontani e artisti. Tutti la sostengono, ma, in qualche modo, le chiedono di fare una scelta definitiva che Raphi sente dover invece essere l’esito di un percorso vissuto da lei in prima persona. Fin dal titolo, diviso tra vuoto e affermazione dell’io, tutto il film verte sulla percezione di scissione e di polarità binarie che Raphi avverte come un’imposizione e vuole invece ridiscutere.
Argento Queer. “Cut” al Gender Bender 2022
L’uso di Dario Argento in un contesto queer è sicuramente il tratto più affascinante del film e di sicuro interesse per cinefili, in quanto amplifica e sovverte in modo ironico alcuni personaggi e situazioni presenti nelle narrazioni del maestro del giallo italiano e di altri registi del genere. Fin dagli esordi negli anni 70, Argento ha inserito nei suoi film personaggi omosessuali, maschili e femminili. La critica si è spesso divisa in letture contrastanti: conferma degli stereotipi di genere della cultura dominante o, al contrario, tentativo di rappresentare quello che l’industria culturale voleva censurare?
Scrivere la storia: “Il gigante” di George Stevens
Il gigante (1956) di George Stevens è spesso onorato del titolo di capolavoro, di film epico che ha fatto la storia del cinema, circondato anche da un’aura di iconica e sacra nostalgia in quanto ultima interpretazione cinematografica di James Dean. Il film è stato considerato come una celebrazione elegiaca per Dean, per un’utopica società americana prevalentemente agraria che lasciava il posto ad una dominata da logiche di guadagno e ostentazione, e per la stessa era classica di Hollywood, qui rappresentata dal grande sforzo produttivo e dal cast stellare. Ma mettere Giant al centro della storia del cinema per la sua celebrazione dello spettacolo cinematografico ha offuscato la riscrittura della storia americana operata da Stevens e dai suoi sceneggiatori attraverso un meccanismo contraddittorio di revisione e compromesso rispetto alle mitologie nazionali.
“La Ciociara” e la consacrazione della star
La Ciociara (1960) apre la decade della definitiva consacrazione di Sofia Loren a star internazionale, status a cui il film di De Sica contribuisce in modo determinante facendo vincere all’attrice, tra i tanti prestigiosi riconoscimenti, quello più ambito: l’Oscar per la migliore interpretazione femminile. La Ciociara doveva essere inizialmente il film di due star, con Anna Magnani nel ruolo di Cesira e Loren in quello della figlia. I dubbi e il rifiuto finale della Magnani furono alla base della trasformazione del film in un veicolo per la Loren, unica vera star, in grado di mettere in ombra non solo la giovane co-protagonista Eleonora Brown ma anche attori maschili più noti come Raf Vallone e Jean Paul Belmondo. Il ruolo di Cesira, vedova che gestisce abilmente un negozio di alimentari nella Roma della fine della Seconda Guerra Mondiale, venne quindi ringiovanito considerevolmente per essere interpretato dalla Loren.
L’eroe di tutti. “Montand est à nous” al Cinema Ritrovato 2022
Il documentario di Jeuland riscostruisce il clima di contrapposizione della Guerra Fredda senza timore di essere smentito dalla sensibilità contemporanea: la scelta, sofferta, di Montand di partecipare ad una tournée in Unione Sovietica anche dopo i tragici fatti di Ungheria, viene mostrata come conseguenza necessaria di anni in cui la lotta ideologica imponeva una scelta di campo. L’utilizzo del cinegiornale sovietico del tempo ricostruisce anche gli attacchi che Montand e le personalità della sinistra subivano per le loro simpatie politiche. Al termine della tournée, Montand dirà di aver smesso di crederci, iniziando una revisione politica che gli farà prendere progressivamente le distanze dal Partito Comunista Francese.