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“Una claustrocinefilia” e l’amore (per il cinema) ai tempi del Covid

L’opera prima del critico Alessandro Aniballi si presenta come una stratificazione sinergica di diversi contenuti e approcci, decodificabile nelle sue singole componenti solo a costo di snaturarne l’organicità e l’efficacia espressiva. Una claustrocinefilia è certamente un documentario metacritico finemente strutturato, ma prima di tutto una sofferta storia d’amore a senso unico, fatta di disillusione e abbandono quanto di dipendenza e affiatamento, verso quell’oscuro oggetto del desiderio che è il cinema.

Decostruzione dell’uomo violento: “Il popolo delle donne” e “Io e il Secco”

Il tema della violenza di genere appare a più riprese nella rassegna di Visioni Italiane. Tra i vari titoli spiccano, per sensibilità e scelte registiche, Il popolo delle donne (Yuri Ancarani, 2023) e Io e il Secco (Gianluca Santoni, 2023), lungometraggi presenti in programma come eventi speciali. Sono entrambi film che meritano plauso per il trattamento del tema: la regia e le scelte di sceneggiatura lasciano spazio alla mente di comprende e al cuore di sobbalzare di fronte una realtà spaventosa.

“Misericordia” elogio della miseria

Dopo Le sorelle Macaluso del 2020 Emma Dante torna dietro la cinepresa, riportando su schermo una sua pièce teatrale. Da quella casa angusta del palermitano in cui vivevano le quattro sorelle, la regista apre il suo sguardo mantenendo però quella sensazione di claustrofobia che contraddistingueva l’opera precedente. Infatti le inquadrature sono studiate per togliere spazio al cielo, tendendo sempre verso il basso, verso le profondità del mare dalle quali le protagoniste non riusciranno mai a risalire.

“Ovosodo” e il ritorno del cult spensierato

Il successo di pubblico e critica quanto i riconoscimenti nazionali e internazionali parlano chiaro sulla popolarità di Ovosodo. Il terzo lungometraggio diretto interamente da Paolo Virzì si è guadagnato il titolo di film di culto anche perché invecchiato molto bene, sia dal punto di vista tecnico che per la persistente attualità del suo messaggio. In questa commedia generazionale e di (de)formazione si trovano già in nuce i temi e la cifra stilistica del Virzì che sarà.

“La guerra del Tiburtino III” tra citazioni e allegoria

Luna Gualano, alla sua terza regia, conferma la sua passione cinefila per i film statunitensi e una propensione alla cinematografia anni Cinquanta. Ne La guerra del Tiburtino III l’omaggio a L’invasione degli ultracorpi di Don Siegel diventa esplicito con l’apparizione del bruco che esce dal meteorite ed entra nel corpo dell’umano, forse un po’ anche Il demone sotto la pelle di David Cronenberg.

“Io, noi e Gaber” tra corpo e linguaggio

Il punto di forza di Io, noi e Gaber sta nella selezione dei materiali d’archivio, capaci di raccontare i diversi momenti della biografia artistica e culturale di Gaber. Un importante nucleo è formato dalle immagini che illustrano le nuove modalità del cantante di intendere lo spettacolo televisivo e, al tempo stesso, evidenziano il rapporto controverso di Gaber con la televisione e la sua aspirazione verso una diversa modalità artistica.

“C’è ancora domani” per il potere della sorellanza

Cortellesi sa che i mutamenti sociali e culturali passano anche per i cambiamenti di sguardo, per gli scardinamenti degli stereotipi che le narrazioni portano con sé, e allora non ha paura di offrirci uno sguardo femminista per raccontare la sua storia. C’è ancora domani è un film che celebra il potere della sorellanza, perché possiamo immaginare e progettare un cambiamento, ribellandoci a un sistema patriarcale che da sempre vuole le donne succubi e silenti, ma possiamo realizzarlo solo se agiamo insieme, solo se ci poniamo in alleanza con le altre.

“C’è ancora domani” e molto lavoro da fare

C’è ancora domani interroga chi guarda, facendo comunicare mondi – apparentemente – lontani. Così i primi minuti in 4:3 presentano come uno schiaffo la vita di Delia e dialogano con i titoli di testa al rallentatore per le strade in fermento pre-repubblicano. Anche la colonna sonora contemporanea duetta con la ricostruzione precisa di un quartiere romano del Dopoguerra e con i molti riferimenti cinefili.

“Comandante” magnetico ma dottrinale

Al cuore della vicenda reale e del film stesso c’è la figura carismatica di Todaro, interpretato da Pierfrancesco Favino alle prese per la seconda volta con il personaggio di un giusto che si ritrova in guerra dalla parte sbagliata della storia, che a chi gli dà del fascista risponde di essere “un uomo di mare”. A dispetto del magnetismo personale dell’attore, De Angelis ha però bisogno di molta voce off e di mostrarcelo nella posizione del loto per tentare di renderne la statura spirituale e morale.

“La solitudine è questa” di fronte alla scrittura di Tondelli

Dal libertino redento nella sofferenza e nel cammino verso la conversione allo scrittore generazionale e di colore locale, Tondelli è stato ingabbiato in etichette comode e rassicuranti. Il contrario della sua scrittura fluida e de-localizzante, capace di trascendere luoghi e tempi, e di mettersi in contatto non solo con la via Emilia o con una determinata generazione, ma con chi “sente di stare al mondo nella giovinezza”, dando voce ad una rappresentazione del corpo, anche omosessuale, nel desiderio e nella malattia.

“Nuovo Olimpo” omaggio alle zone franche dell’amore

Dopo alcune opere meno convincenti, Özpetek recupera qui una più sincera spinta autobiografica (sempre presente nel suo cinema ma mai così palesemente denunciata, con tanto di cartello “ispirato a una storia vera”). Ha dalla sua due protagonisti (il taciturno Pietro di Andrea Di Luigi e soprattutto il vitale Enea di Damiano Gavino) bravi e intensi, un bel gruppo di comprimari e il personaggio della cassiera Titti, una dea dell’amore con le sembianze di Mina e la verve partenopea di una meravigliosa Luisa Ranieri.

“Palazzina Laf” tra vittima e carnefice

La Palazzina Laf, quella che dà il titolo al film e che Riondino e il suo co-sceneggiatore Maurizio Braucci mettono al centro della narrazione, è una sorprendente, surreale metafora. È qui che il sogno fantozziano dell’impiegato fancazzista cambia di segno e si trasforma in un incubo, un girone dantesco in cui l’inattività forzata, il demansionamento immotivato, il lento scorrere del tempo senza scopo e senza possibilità di fuga, diviene un’arma micidiale nelle mani dei padroni.

“Holiday” e la verità come domanda

Girato lungo le strade impervie e i sottopassi delle ferrovie di una Liguria volutamente aspra e in una Genova poco riconoscibile, Holiday si concentra, come BB e il cormorano (2003) e Padroni di casa (2012), i due precedenti film di Gabriellini, sull’idea di limbo esistenziale, inseguendo i protagonisti nella loro ricerca di sospensione dalla vita e dalle sue responsabilità. In questo l’idea di vacanza come sospensione metaforica è centrale per il film.

“Diabolik, chi sei?” e lo svago cinefilo

Se il ritmo non sempre regge, se la tensione a volte latita, se non mancano ingenuità e scivoloni, lo si perdona volentieri ai Manetti, prendendo in cambio il divertimento analogico d’antan, il gioco dei cameo, lo svago citazionista che regala questo fumettone bidimensionale e stilizzato. Ma d’altro canto il fascino di Diabolik, sempre uguale a se stesso, non è un po’ anche questo?

“Il ritorno di Maciste” nostro contemporaneo

Con l’espediente cinefilo di far uscire Bartolomeo Pagano dallo schermo al termine della proiezione di Cabiria (1914) di Pastrone al cinema Lux di Torino, Il ritorno di Maciste (2023) immerge un’icona del muto nel nostro mondo globalizzato, giocando con quella mescolanza tra arcaicità e modernità alla base dello stesso personaggio di Maciste che proiettò Pagano, umile camallo del porto di Genova, sulla scena cinematografica internazionale, facendone uno degli attori italiani più pagati degli anni Venti.

“Pasolini – Cronologia di un delitto politico” e la colpa senza fine

Pasolini. Cronologia di un delitto politico è un modo per celebrare il processo invocato dallo scrittore e regista, sia attraverso il famoso articolo “Che cos’è questo golpe? Io so” pubblicato sul Corriere della Sera nel 1974, sia attraverso il romanzo Petrolio. Le testimonianze e i materiali raccolti da Angelini parlano di una classe politica indifferente, quando non collusa con la Destra fascista, verso la persecuzione giudiziaria, mediatica e anche fisica a cui Pasolini fu sottoposto fin dal 1949.

“Nata per te” e per tutte le famiglie

Quante altre volte, per slancio idealistico sulla “giusta causa” da promuovere, abbiamo visto un personaggio farsi bandiera di un obiettivo, senza se e senza ma, affrontando e abbattendo man mano ogni argomentazione contraria: qui Luca, fervente cattolico, ammette di ritenere in cuor suo che due genitori siano meglio di uno solo single; non solo, la costruzione del suo rapporto con Alba non ricalca lo schema difficoltà-superamento alla Kramer contro Kramer, ma si giova di un provvidenziale aiuto dei parenti ed è un lavoro mai finito, esattamente come accade in qualsiasi famiglia.

“Felicità” come volontà di salvezza

Non stupisce che Felicità abbia vinto il Premio degli spettatori – Armani beauty della sezione Orizzonti Extra all’ultima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia: l’opera di Ramazzotti presenta allo spettatore famiglie tossiche e disfunzionali, elegge a eroina una “donna storta” (parole dell’autrice), pone in evidenza la necessità di ricontestualizzare nel nostro presente il ruolo e il concetto stesso di famiglia, eppure, nel suo sostenere l’idea che tutti hanno diritto alla felicità, risulta un film poetico, delicato, emozionante.

“Un sterminata domenica” dentro lo specchio delle immagini

In uno scenario fra Pasolini e Caligari, Parroni sembra tornare alla nouvelle vague per raccontare l’insofferenza giovanile allo status delle cose. Al di là di alcune affettazioni, la cifra stilistica c’è e passa attraverso una forma libera nell’intenzione e studiatissima in concreto: predominanza assoluta della macchina a mano, inquadrature grezze e tremolanti, montaggio frammentato, un occhio molto buono per l’utilizzo di punti di ripresa inusuali ma efficaci.

“Le mie poesie non cambieranno il mondo” e l’ispirazione della vita quotidiana

Le mie poesie non cambieranno il mondo, è il documentario presentato in anteprima alle Giornate degli autori dell’ottantesima Mostra del Cinema di Venezia (prodotto da Fandango e Rai Documentari), che la giornalista Annalena Benini e lo scrittore Francesco Piccolo hanno dedicato al racconto dell’ultimo tratto di vita della poeta Patrizia Cavalli (come amava definirsi) e all’immortale scia luminosa lasciata dai suoi versi.