“Comandante” magnetico ma dottrinale

Al cuore della vicenda reale e del film stesso c’è la figura carismatica di Todaro, interpretato da Pierfrancesco Favino alle prese per la seconda volta con il personaggio di un giusto che si ritrova in guerra dalla parte sbagliata della storia, che a chi gli dà del fascista risponde di essere “un uomo di mare”. A dispetto del magnetismo personale dell’attore, De Angelis ha però bisogno di molta voce off e di mostrarcelo nella posizione del loto per tentare di renderne la statura spirituale e morale.

“Il libro delle soluzioni” e la fuga d’autore

Se vi è una lezione nel cinema di Gondry è quella di rimanere sempre scettici delle proprie convinzioni, anche della fedeltà assoluta nella memoria. Il dispositivo narrativo del film gli conferisce un piglio letterario, inedito nel cinema di Gondry, che rafforza la sensazione di un doppio piano di senso che continuamente si scontra e incontra nel film: il piano della mente del regista e il piano “spettatoriale” che ironizza e riporta sul piano della realtà le velleità di fuga del genio. 

Politica, solidarietà e internazionalismo ad Archivio Aperto 2023

La sedicesima edizione di Archivio Aperto è stata caratterizzata da una forte impronta politica dal respiro internazionale. I tanti splendidi film in concorso, in un modo o nell’altro, sembrano raccogliere una necessità sempre più impellente di politica. Allo stesso tempo “The future is memory”, slogan di questa edizione del festival, lega tale bisogno al ricordo, al recupero della storia per comprendere meglio il presente e lottare per un futuro migliore.

Barbara Hammer pioniera underground

Il cinema sperimentale della regista americana, realizzato prevalentemente in formato ridotto, costituisce un laboratorio artistico e politico, sin dai primi lavori realizzati con la Super-8, che si sostanzia in una sorta di processo creativo e contemporaneamente in un lavoro di costruzione identitaria. Nata ad Hollywood nel 1939, il suo lascito è una  feconda testimonianza culturale di film sperimentali, arte visiva, scrittura, performance, conversazioni e interventi che documentano altre identità e desideri possibili

Jamaica Kincaid ad Archivio Aperto 2023

La scrittrice americana nata ad Antigua ha dialogato con Francesca Maffioli e Nadia Terranova proprio partendo la titolo della rassegna di quest’anno, “The Future is Memory”, la cui sovrapposizione e concentrazione temporale costituisce anche un tema portante dell’opera di Kincaid. Nel suo ultimo romanzo Vedi adesso allora, la scrittrice lo afferma esplicitamente: “allora e adesso, tempo e spazio che si fondono, diventano una cosa sola, tutto nella mente della signora Sweet”.

River Phoenix 30 anni dopo

L’alterità rispetto al sistema è stata uno dei tratti distintivi della figura divistica di River Phoenix. A partire dalla storia familiare, con i genitori hippie che avevano dato ai figli nomi ‘esotici’ come River (dal ‘fiume della vita’ del Siddharta di Hermann Hesse), Summer, Rain, Liberty – con la sola eccezione di Joaquin, che però in quegli anni si faceva chiamare Leaf –, una vita nomade e una formazione alternativa. Un anticonformismo che sembrava riverberare nell’immagine pubblica di River, in particolare nell’impegno e nell’attivismo ambientale e animalista.

“The Wicker Man” 50 anni fa

The Wicker Man è un film senza tempo che ha il doppio della rilevanza nell’epoca della visibilità totale. Nessun altro film a basso budget ha saputo costruire la tensione per sottrazione come l’opera di Hardy e Shaffer, o interpretare le contraddizioni sociali del periodo in una dimensione sospesa tra sogno e paranoia, rendendolo antico e moderno insieme. E se le circostanze non sono favorevoli, il resto è puro allineamento cosmico in cui le scarse risorse a disposizione riescono addirittura ad esaltare l’anima dell’operazione.

“The Wicker Man” estatica celebrazione dell’horror

“Il Quarto potere dei film horror”. Così la rivista di culto Cinéfantastique definì nel 1977 The Wicker Man, capolavoro del cinema inglese realizzato in un periodo difficile per l’industria britannica. La stessa British Lions, produttrice del film, venne comprata durante le riprese obbligando la troupe a finire il prima possibile. Una volta distribuita, l’opera non ottenne l’attenzione che meritava ma venne riscoperta già pochi anni dopo, diventando un cult.

“La solitudine è questa” di fronte alla scrittura di Tondelli

Dal libertino redento nella sofferenza e nel cammino verso la conversione allo scrittore generazionale e di colore locale, Tondelli è stato ingabbiato in etichette comode e rassicuranti. Il contrario della sua scrittura fluida e de-localizzante, capace di trascendere luoghi e tempi, e di mettersi in contatto non solo con la via Emilia o con una determinata generazione, ma con chi “sente di stare al mondo nella giovinezza”, dando voce ad una rappresentazione del corpo, anche omosessuale, nel desiderio e nella malattia.

“Anatomia di una caduta” e la verità umana

“I dettagli tecnici, le traiettorie… Quello che importa è la verità umana!” diceva l’avvocato difensore di Brigitte Bardot nel La verità (1960) di Clouzot. Un film a cui Anatomia di una caduta certamente guarda nel riproporre la verità umana di una donna accusata di aver ucciso l’amore della sua vita. Sandra Hüller interpreta una scrittrice tedesca di romanzi d’autofiction. Da qualche anno vive con marito e figlio in uno chalet sperduto sulle Alpi francesi. Parla a malapena francese, più fluentemente inglese, ma la sua lingua materna, come il suo desiderio, sembra smarrito.

Fantasmi del colonialismo e questione mediorientale ad Archivio Aperto 2023

“The future is memory” è il titolo dell’ultima edizione di Archivio Aperto di Home Movies, dedicato alla riscoperta e riutilizzo di immagini private, sperimentali e amatoriali, spesso dimenticate in “soffitte, cantine, armadi e bauli chiusi e mai più aperti”, come scrive Giulia Simi nell’introduzione al catalogo della rassegna, e che improvvisamente ritornano per dare senso al nostro presente. Un recupero che è necessariamente selettivo, come ogni atto di memoria che implica in sé anche un dimenticare.

“Kim’s Video” e l’archivio rocambolesco

Girando interamente dal vivo, quasi improvvisando, il regista americano partorisce quello che, se non fosse documentato, sembrerebbe un film di finzione. Ci troviamo di fronte ad una carrellata tragicomica di incontri incredibili, tra personaggi surreali e politici “poco collaborativi”. Il film si trasforma progressivamente in un’indagine rocambolesca e apparentemente senza via d’uscita, in cui appare anche evidente l’impronta marcescente della mafia.

“Nuovo Olimpo” omaggio alle zone franche dell’amore

Dopo alcune opere meno convincenti, Özpetek recupera qui una più sincera spinta autobiografica (sempre presente nel suo cinema ma mai così palesemente denunciata, con tanto di cartello “ispirato a una storia vera”). Ha dalla sua due protagonisti (il taciturno Pietro di Andrea Di Luigi e soprattutto il vitale Enea di Damiano Gavino) bravi e intensi, un bel gruppo di comprimari e il personaggio della cassiera Titti, una dea dell’amore con le sembianze di Mina e la verve partenopea di una meravigliosa Luisa Ranieri.

“Achilles” metaforico e reale

“Il mio film è un invito agli artisti a confrontarsi più profondamente con le sfide del mondo reale”, dichiara il regista e sceneggiatore iranaiano Farhad Delaram a proposito del suo lungometraggio d’esordio Achilles. Certamente le sue parole evocano il lungo viaggio del protagonista del film, Farid soprannominato Achilles, che ha lasciato la carriera artistica per diventare un assistente ortopedico e soffrire insieme a chi è confinato nell’ospedale di Teheran dove lavora.

“Killers of the Flower Moon” speciale III – Gangs of Oklahoma

Nel raccontare l’ennesima discesa agli inferi del Sogno americano, stavolta Scorsese sembra volersi smarcare da qualsiasi malriposto senso di idolatria. Killers of the Flower Moon unisce infatti due fili conduttori della sua opera: da un lato la seduzione del male tipica dei suoi film gangster (ma anche di un Goodfellas sotto mentite spoglie come The Wolf of Wall Street, 2013); dall’altra l’interesse storico, sempre attraversato da una decisa vena morale e spirituale, di film come Kundun (1997) e Silence (2016).

“Killers of the Flower Moon” speciale II – La violenza non abita più qui

L’operazione viaggia su due piani: da un lato il martirio cristologico di Mollie, cuore della propria famiglia, della sua tribù e del film; dall’altro le redini stilistiche di Scorsese che intrattiene sì con la maestria usuale, ma deprivandola della foga e della veemenza di quando lui stesso era più giovane per confezionare un’ultima ora di film che va in crescendo per astrazione e corrispondente abbassamento di toni e suoni. 

“Killers of the Flower Moon” speciale I – Le macerie del passato americano

Killers of the Flower Moon, tratto dal libro di David Grann Gli assassini della terra rossa, si colloca senza dubbio tra i film più violenti e spietati dell’intera filmografia di Scorsese. Un’opera tanto splendida quanto agghiacciante in cui il regista newyorkese denuncia l’orrore con la lucidità e la freddezza di chi sa che non smetterà mai di riproporsi. Col fare dell’antropologo, Scorsese ricostruisce un mondo rendendolo credibile grazie ad una sceneggiatura solida e ad una maniacale cura del dettaglio

“Mother, Couch” e i dialoghi con la propria madre

Un’anziana donna con una vistosa acconciatura bionda è seduta su un costoso divano verde in uno sterminato quanto malconcio mobilificio nel nulla americano. Nonostante il devoto figlio David le chieda più volte di alzarsi in modo da andare via, lei si rifiuta di farlo. Questo l’inizio di Mother, Couch (2023), sorprendente opera prima di Niclas Larsson, sospesa in una ironica dimensione onirica e surreale che diventa sempre più accentuata con il progredire del film e il serrarsi dei dialoghi tra David e la madre.

“La passion de Dodin Bouffant”, amore e cucina artigianali

La passion de Dodin Bouffant di Tran Ahn Hung, vincitore del premio per la migliore regia al Festival di Cannes 2023, propone una rappresentazione meticolosa dell’esperienza culinaria. I cibi e le modalità di preparazione rappresentati dal regista vietnamita sono un’esperienza estetica e sensoriale, ma sono anche l’espressione di un pensiero, di un modo preciso e connotato di intendere il tempo e i rapporti.

“Palazzina Laf” tra vittima e carnefice

La Palazzina Laf, quella che dà il titolo al film e che Riondino e il suo co-sceneggiatore Maurizio Braucci mettono al centro della narrazione, è una sorprendente, surreale metafora. È qui che il sogno fantozziano dell’impiegato fancazzista cambia di segno e si trasforma in un incubo, un girone dantesco in cui l’inattività forzata, il demansionamento immotivato, il lento scorrere del tempo senza scopo e senza possibilità di fuga, diviene un’arma micidiale nelle mani dei padroni.

“Holiday” e la verità come domanda

Girato lungo le strade impervie e i sottopassi delle ferrovie di una Liguria volutamente aspra e in una Genova poco riconoscibile, Holiday si concentra, come BB e il cormorano (2003) e Padroni di casa (2012), i due precedenti film di Gabriellini, sull’idea di limbo esistenziale, inseguendo i protagonisti nella loro ricerca di sospensione dalla vita e dalle sue responsabilità. In questo l’idea di vacanza come sospensione metaforica è centrale per il film.